Rutherford si servì di un semplice laboratorio sperimentale in cui erano presenti alcuni pannelli fluorescenti, i ricevitori disposti a cerchio, e nel centro una sottile lamina di oro. Su questa lamina venivano convogliate delle particelle alpha, ovvero due protoni e due neutroni, prodotte da un materiale radioattivo.
La maggior parte delle particelle emesse dal materiale radioattivo riuscivano a passare la sottile lamina di oro ma, con grande sorpresa dello scienziato, alcune particelle venivano deviate ed altre ancora respinte dalla lamina. L'energia cinetica delle particella alpha era sufficiente a passare attraverso l'oro, anche secondo la concezione Thomsoniana, ma l'esperimento dimostrava il contrario.
Rutherford comprese che la maggior parte delle particelle alpha passava attraverso la lamina d'oro perchè questa era formata da elementi aventi un nucleo e un orbitale elettronico tenuto a distanza da esso. Gli elettroni non sono stazionari, come previsto da Thomson ma sono in continuo movimento intorno al nucleo proprio come i pianeti del sistema solare lo sono intorno al sole.
Limiti del modello atomico di Rutherford. Sebbene gli esperimenti e le analisi del professor Rutherford fossero state di fondamentale importanza per colmare la lacune introdotte dal modello atomico di Thomson non era ancora stato spiegato come mai gli elettroni non cedevano energia all'esterno mentre orbitavano attorno al nucleo. La eventuale spinta cinetica, ovvero l'energia di movimento, poteva far orbitare l'elettrone per poco tempo e avrebbe dovuto essere rinnovata da qualcosa, a discapito di un consumo energetico, ma così non era. Eppure l'elettrone doveva orbitare intorno al nucleo ma, allo stesso tempo, non perdere energia evitando così di collassare dopo breve tempo. La risposta a queste domande fu data dal modello di Bohr, che dopo pochi anni rispetto al modello atomico di Rutherford, illustrò una particolarità dell'elettrone sfuggita a quest'ultimo.
sabato 14 febbraio 2009
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