giovedì 2 aprile 2009

La tavola di Mendeleev

Le caratteristiche conosciute producevano un modello ripetitivo, ossia un alogeno seguito da un metallo alcalino e poi da un metallo alcalino-terroso, Mendeleev percepì che doveva trattarsi del frammento di un mosaico più ampio e passò all’idea di una periodicità che governasse tutti gli elementi: una sorta di legge periodica.
Spigolando fra calcoli consapevoli e sensazioni, fra intuizione e analisi, nell’arco di qualche settimana Mendeleev arrivò alla tabulazione di una trentina di elementi disposti in ordine di peso atomico crescente: una tabella che ora indicava il ricorrere delle proprietà ogni otto elementi.
Si dice che la notte del 16 febbraio 1869 egli abbia fatto un sogno nel quale vide quasi tutti gli elementi conosciuti disposti in una grande tavola.
Il mattino seguente affidò la sua visione alla carta.
La logica e il modello contenuti nella tavola di Mendeleev erano talmente chiari che immediatamente balzarono all’occhio certe anomalie.
Alcuni elementi sembravano trovarsi nel posto sbagliato, mentre in altri posti non c’erano elementi. Avvalendosi della sua enorme conoscenza chimica, Mendeleev riposizionò circa sei elementi, senza tener conto della valenza e del peso atomico che erano loro attribuiti. Nel farlo, diede prova di un’audacia che scandalizzò alcuni suoi contemporanei.In un atto di suprema fiducia in se stesso, Mendeleev riservò diversi spazi vuoti della sua tavola a elementi «attualmente sconosciuti». Sosteneva che estrapolando le proprietà degli elementi che si trovavano sopra e sotto (e anche, in una certa misura, di quelli a destra e a sinistra) era possibile prevedere con sicurezza come sarebbero stati quelli ancora sconosciuti.



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