sabato 30 maggio 2009
legame dativo
Legami deboli
I legami intermolecolari sono essenzialmente costituiti dalla reciproca attrazione tra dipoli statici - è il caso delle molecole polari - o tra dipoli ed ioni - è il caso, ad esempio, di un sale che si scioglie in acqua.
Nel caso dei gas nobili o di composti formati da molecole apolari la possibilità di liquefare viene spiegata tramite la formazione casuale di un dipolo temporaneo quando gli elettroni, nel loro orbitare, si trovino casualmente concentrati su un lato della molecola; tale dipolo induce nelle molecole vicine a sé uno squilibrio di carica elettrica (il cosiddetto dipolo indotto) che genera reciproca attrazione e provoca la condensazione del gas. Il legame viene quindi prodotto da queste particolari forze di attrazione dette forze di dispersione o di Van der Waals.
Un caso particolare di legame intermolecolare, che può anche essere intramolecolare quando la geometria della molecola lo consente, è il legame idrogeno.
Un atomo di idrogeno legato ad un atomo di ossigeno (o di fluoro), a causa della sua polarizzazione positiva e delle sue ridotte dimensioni, attrae con un'intensità relativamente elevata gli atomi di ossigeno (e di fluoro e, in misura minore, di azoto) vicini.
Tale legame, benché debole, è responsabile della conformazione spaziale delle proteine e degli acidi nucleici, conformazione da cui dipende l'attività biologica dei composti stessi.
Legame ionico
Il legame ionico è un legame tra ioni di segno opposto. Tali ioni si formano da atomi aventi differenza di elettronegatività superiore al limite convenzionale di 1,9: in queste condizioni, quando due atomi si avvicinano (un metallo e un atomo di un elemento degli ultimi gruppi), gli elettroni del livello più esterno dell’atomo meno elettronegativo passano all’atomo più elettronegativo. Quest’ultimo diviene quindi uno ione negativo, mentre l’altro atomo diviene uno ione positivo.Questo legame è di natura prettamente elettrostatica; l'arrangiamento degli atomi nello spazio non ha la direzionalità del legame covalente: il campo elettrico generato da ciascuno ione si diffonde simmetricamente nello spazio attorno ad esso.
Legame di coordinazione e delocalizzato
È un tipo particolare di legame covalente detto, in passato, dativo in quanto i due elettroni coinvolti nel legame provengono da uno solo dei due atomi detto datore (o agente nucleofilo), mentre l'altro viene detto accettore (o agente elettrofilo) e deve avere un orbitale vuoto nel quale poter “alloggiare” questa coppia.
Legami delocalizzati e legame metallico
Alcuni legami covalenti, detti delocalizzati, possono legare insieme tre o più atomi contemporaneamente.
La forma più estrema di delocalizzazione del legame covalente si ha nel legame metallico. Secondo questo modello un metallo può essere rappresentato come un reticolo cristallino di ioni positivi tenuti uniti da una nube di elettroni condivisi estesa a tutto il reticolo; essendo tali elettroni non legati a nessun atomo particolare, risultano essere estremamente mobili; tale mobilità è responsabile della elevata conducibilità elettrica dei metalli.
Legami covalenti
Un legame covalente è detto “puro” quando si forma fra atomi con lo stesso valore di elettronegatività, oppure valori compresi tra 0 e 0,3. In questo caso, gli elettroni che vengono messi in comune fra i due atomi vengono attratti con la stessa forza da entrambi i nuclei e, perciò, vengono ad essere condivisi in maniera uguale fra i due atomi (c’è una distribuzione simmetrica della nube elettronica). I legami covalenti che si formano fra due atomi che condividono due coppie di elettroni prendono il nome di doppio legame.
Legame covalente polare
Un legame covalente polare si forma tra atomi che hanno elettronegatività diversa, ma non tanto diversa da rendere possibile la formazione di un legame ionico (la differenza dei valori di elettronegatività è sempre minore di 1,7).
In questo caso, i due atomi mettono in comune i loro elettroni spaiati, tramite la sovrapposizione degli orbitali in cui si trovano questi elettroni i quali saranno maggiormente attratti dall’atomo più elettronegativo. Il legame risulterà quindi polarizzato elettricamente, cioè ognuno degli atomi coinvolti nel legame presenterà una carica elettrica parziale, o negativa o positiva.
Legami chimici
I legami possono essere forti (covalente puro, covalente polare, ionico, delocalizzati e di coordinazione) o deboli (legami chimici secondari).
Energia di ionizzazione
Se si allontana dall’atomo il primo elettrone esterno, l’energia si chiama energia di prima ionizzazione. Questa distacca un elettrone p, la seconda ne distacca uno s dal sottolivello completo s. L’energia di ionizzazione del terzo elettrone è maggiore perché, mentre l’atomo perde elettroni, la sua carica nucleare si mantiene costante e gli elettroni rimasti sono trattenuti più saldamente.
L’energia di quarta ionizzazione è circa quattro volte la terza.
Legami chimici
Esistono tipi differenti di legame ma in ogni caso le forze che tengono uniti gli atomi sono sempre dovute ad attrazioni elettriche fra delle particelle di carica opposta. Quando due atomi si legano la molecola risultante è un sistema ad energia minore e quindi più stabile rispetto ai due atomi isolati ,questo è il motivo per cui in natuira si trovano pochissimi atomi isolati. C'è una differenza di energia che esiste tra gli atomi isolati e quelli legatui e rappresenta sia l'energia che si libera nella formazione del legame sia l'energia che bisogna fornire per spezzarlo e riottenere gli atomi liberi. L'energia di legame è quell'energia che bisogna fornire per rompere un legame e questa quantità è uguale a quella che si libera quando lo stesso legame viene costituito.
La ionizzazione, il pericolo delle radiazioni ionizzanti e il legame ionico
Il fenomeno della ionizzazione consiste nella separazione di uno o di più elettroni dagli atomi o dalle molecole di cui fanno parte, che restano di conseguenza carichi positivamente. La ionizzazione non comporta una generazione di carica elettrica netta, ma una messa a disposizione di cariche elettriche per successive ricombinazioni e reazioni all'interno della materia irraggiata. In fisica, nuclei atomici completamente ionizzati, come quelli delle particelle alfa, vengono comunemente detti particelle cariche. La ionizzazione viene eseguita solitamente tramite applicazione di alta energia agli atomi, in forma di potenziale elettrico o radiazione. Un gas ionizzato viene detto plasma. Gli ioni caricati negativamente sono conosciuti come anioni (che sono attratti dagli anodi) e quelli caricati positivamente sono chiamati cationi (e sono attratti dai catodi). Gli ioni possono essere monovalenti (indicati con un + o -), bivalenti (con due + o -) e trivalenti (con tre +). Poi gli ioni si dividono in monoatomici e poliatomici. Per atomi singoli nel vuoto, esiste una costante fisica associata al processo di ionizzazione. L'energia richiesta per rimuovere gli elettroni da un atomo è chiamata energia di ionizzazione o potenziale di ionizzazione.
Il pericolo delle radiazioni ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti producono dei danni: in conseguenza della ionizzazione prodotta dalla radiazione si generano, all'interno delle cellule nuove, molecole o frammenti di molecole molto aggressivi dal punto di vista biochimico, in grado di danneggiare irreparabilmente a livello molecolare le strutture responsabili della funzionalità delle cellule, o dell'integrità del patrimonio genetico. Il danno può essere immediato, se la dose di radiazione è tale da inibire direttamente le funzioni della cellula e dell'organo o degli organi di cui fanno parte, oppure ritardato nel tempo, in caso di danneggiamento del patrimonio genetico della cellula. La quantità di energia della radiazione necessaria per produrre i danni, anche molto gravi, è, in termini assoluti, molto piccola: del tutto trascurabile rispetto alle energie in gioco nelle più comuni operazioni della vita quotidiana, quali il riscaldamento di un pentolino d'acqua, o l' infissione di un chiodo alla parete. Per esempio l'energia di un fascio di radiazioni ionizzanti in grado di indurre, se assorbita del corpo intero, la morte della persona irradiata entro trenta giorni con una probabilità del 50% ( un effetto dunque della massima gravità) produrrebbe, se completamente convertita in energia termica, un innalzamento della temperatura del corpo di un millesimo di grado centigrado, del tutto trascurabile. In confronto, la soglia fisiologica per l'insorgenza di effetti dovuti a riscaldamento da parte di radiazioni non ionizzanti ( onde radio, microonde, ...) è di 1 °C di aumento di temperatura del corpo o della parte interessata dall'irradiazione. Dunque, la pericolosità delle radiazioni ionizzanti non è dovuta ad un loro contenuto energetico elevato in termini assoluti, ma all'estrema efficacia distruttiva della loro azione nei confronti della struttura molecolare organizzata della materia vivente.
Il legame ionico
Il legame ionico è un tipo di legame che può instaurarsi solo tra atomi diversi.
Sappiamo che molti atomi possono diventare ioni, per acquisto o perdita di elettroni:
alcuni, che hanno bassa energia di ionizzazione, possono dare facilmente cationi perdendo un certo numero di elettroni ed assumendo così un equivalente numero di cariche positive.
Altri, con alta affinità elettronica, possono dare anioni accettando un certo numero di elettroni ed assumendo così un equivalente numero di cariche negative. Anioni e cationi si attraggono per interazione elettrostatica: questa interazione si chiama legame ionico. Tutti gli atomi del 1°, 2° e 3° gruppo creano legami ionici ad eccezione dell'idrogeno (H) che creerà il legame covalente (un legame formato da una coppia di elettroni condivisa fra due atomi) ; quindi gli elementi del 5°, 6° e 7° gruppo dovranno acquistare rispettivamente 3,2,1 elettroni; questi acquistano elettroni perchè sono atomi molto elettronegativi e cioè tendono ad attirare a se gli elettroni, mentre quelli del 1°,2°,3° gruppo per diventare stabili dovranno cedere rispettivamente 1,2,3 elettroni.
I composti ionici sono caratterizzati da elevati punti di fusione e dalla capacità di condurre elettricità allo stato fuso e in soluzione acquosa; tendono ad essere solubili in acqua e cristallizzano.
sabato 23 maggio 2009
L'energia di ionizzazione è misurata in kJ/mol.
Si intende cioè indicare l'energia necessaria a strappare un elettrone ad un numero di Avogadro, 6,022 x 10 23, di atomi di quell'elemento.
L'energia di ionizzazione è maggiore quanto più fortemente l'elettrone è legato al nucleo e ciò è naturale perchè per vincere una forza elevata è necessario impiegare maggiore energia.
Bisogna ricordare che gli elettroni, particelle di carica negativa, sono attratti dal nucleo dell'atomo in cui è concentrata tutta la carica positiva e sono maggiormente attratti quanto più è elevato il numero di protoni, cioè quanto maggiore è la carica positiva del nucleo, e quanto più sono vicini al nucleo.
Se quindi immaginiamo di strappare ad un atomo tutti i suoi elettroni partendo dal più esterno via via fino all'ultimo che gli rimane, è facile immaginare che le energie di ionizzazione aumenteranno man mano che ci si avvicina al nucleo perchè gli elettroni saranno trattenuti da questo con sempre maggior forza.
L'energia di seconda ionizzazione è maggiore di quella di prima ionizzazione.
L'energia di seconda ionizzazione corrisponde all'energia necessaria a strappare un elettrone ad un atomo, anzi uno ione, a cui era già stato strappato precedentemente.
giovedì 21 maggio 2009
Metalli alcalini
In ordine di numero atomico crescente, essi sono: litio, sodio, potassio, rubidio, cesio e francio. Quest'ultimo elemento esiste solo in forma radioattiva.
Il Litio è il capostipite della famiglia dei metalli alcalini. E’ il primo elemento solido, poiché segue l’idrogeno e l’elio. E’ un metallo leggerissimo, poiché la sua densità è circa metà di quella dell’acqua. E’ l’elemento con il potenziale standard di riduzione più negativo. Queste caratteristiche ne fanno, non a caso, il componente chiave delle batterie di ultima generazione per apparati elettronici. Nella foto lo si vede galleggiare sul solvente nel quale è conservato.
Il Sodio è un elemento da tutti conosciuto e sentito nominare, principalmente riguardo l’acqua minerale. Anch’esso è un alcalino e non molti sanno che, a parte quando disciolto in acqua, è un metallo tenero ed argenteo, facilmente tagliabile con un coltello. A causa della sua elevata reattività, viene conservato sotto olio di vaselina o etere di petrolio.
il Potassio, anch’esso metallo tenerissimo e dal colore brillante, si distingue da sodio e litio che lo precedono per una reattività ancora più accentuata.
il Rubidio, conserva le stesse proprietà dei suoi cugini alcalini, ma si distingue per un prezzo elevatissimo, che sfiora i 150 euro al grammo!
il Cesio, anch’esso molto costoso, anche se non come il rubidio, ha letteralmente segnato il nostro tempo: Nel 1967 la tredicesima conferenza generale dei pesi e delle misure definì il secondo come la durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra due livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomo di cesuio 133.
Gli elementi di transizione interna - Lantanidi ed attinidi
Gli elementi del blocco f sono detti comunemente elementi di transizione interna o terre rare, in
quanto si pensava fossero poco diffusi in natura.
Sono costituiti da due serie di 14 elementi e si dispongono nel 6° e 7° periodo, tra il 3° ed il 4°
gruppo della tavola periodica. Generalmente vengono rappresentati separati dagli altri elementi
semplicemente per una maggiore chiarezza nella rappresentazione della tabella periodica stessa.
Le due serie vengono indicate anche col nome dell'elemento che precede ciascuna di esse. Avremo quindi la serie dei lantanidi o lantanoidi (6° periodo) e degli attinidi o attinoidi (7° periodo).
I Lantanidi
Sono elementi dal carattere metallico, di colore bianco-argenteo, estremamente elettropositivi e
reattivi. I raggi atomici sono molto simili (compresi tra 1.02 e 0.86 Å). La loro chimica è tanto simile da aver portato, fino al 1907, a considerarli un unico elemento.
I lantanidi esistono tutti in natura, con la sola eccezione del promezio (Pm, Z = 61, ottenuto per via sintetica), nella quale si trovano esclusivamente nei composti. Pur essendo comunemente chiamati terre rare, in natura hanno una certa abbondanza. Ad esempio, il Ce (6.6·10-3% in peso nella crosta terrestre; 25° elemento per abbondanza) ha un'abbondanza simile a quella del Cu ed è circa quattro volte più abbondante del Pb.
Gli Attinidi
Sono elementi dal carattere metallico, di colore bianco-argenteo, reattivi. Sono tutti elementi
radioattivi, con tempi di semivita relativamente brevi (tranne 232Th, 235U e 238U che hanno t½ paragonabili all'età della terra e sono detti di origine primaria).
Gli unici elementi della serie degli attinidi ad esistere in natura, ancorchè poco diffusi, sono Th, Pa
e U. Tutti gli altri sono stati ottenuti per via sintetica con reazioni nucleari.
Metalli, non - metalli e semimetalli.....
Il carattere metallico degli elementi aumenta man mano che si scende nella tavola e l’ultimo membro di ciascun gruppo manifesta proprietà metalliche.
La classificazione degli elementi come metalli o non – metalli avviene in base alla loro struttura elettronica e sono:
- Metalli: elementi con un numero di elettroni esterni basso, minore o eguale a quello degli orbitali esterni s e p, e con energia di ionizzazione bassa. Perciò gli elementi di transizione, i lantanoidi e gli attinoidi hanno 1 o 2 elettroni s e il carattere metallico aumenta scendendo lungo ogni gruppo;
- Non-metalli: elementi con numero di elettroni esterni maggiore del numero di orbitali esterni s e p e con energia di ionizzazione alta.
- In più vi sono i Semimetalli: elementi che possono comportarsi da metalli o da non-metalli in situazioni particolari; sono quelli di confine tra i due tipi.
La chimica del carbonio
Quinto gruppo
vanadio (23)
niobio (41)
tantalio (73)
dubnio (105)
Questi elementi sono classificati nel gruppo 5 perché hanno tutti 5 elettroni nel guscio degli orbitali esterni. Il dubnio non esiste in natura.
Vanadio
Il vanadio è l'elemento chimico di numero atomico 23. Il suo simbolo è V. È un elemento raro, tenero e duttile, che si trova sotto forma di composto in certi minerali. Si usa soprattutto in metallurgia, per la produzione di leghe.
Caratteristiche: V è presente con abbondanza del 0,0136% (136ppm) cioè è il 5° elemento per abbondanza tra gli elementi di transizione dopo Fe,Ti,Mn e Zr
Il vanadio è un metallo bianco lucente, morbido e duttile. Ha una buona resistenza alla corrosione da parte degli alcali, dell'acido solforico e dell'acido cloridrico. Esposto all'aria si ossida rapidamente a temperature superiori a 933 K (660 °C).
Il vanadio ha una buona consistenza ed una piccola sezione d'urto con i neutroni provenienti dalla fissione nucleare, ciò lo rende adatto per l'impiego in applicazioni legate alla produzione di energia nucleare.
Chimicamente manifesta un comportamento intermedio tra metallo e non-metallo, sia acido che basico.
Gli stati di ossidazione più frequentemente assunti dal vanadio nei suoi composti sono +2, +3, +4 e +5. In un esperimento di laboratorio è possibile osservare colorimetricamente il passaggio del vanadio attraverso questi stati di ossidazione durante la riduzione del vanadato di ammonio NH4VO3 con zinco metallico.
In rari casi il vanadio può assumere anche numero di ossidazione +1.
Niobio
Il niobio, noto in passato anche col nome di columbio perché scoperto insieme al tantalio nel minerale columbite, è l'elemento chimico di numero atomico 41. Il suo simbolo è Nb. È un metallo di transizione raro, tenero, duttile, di colore grigio. Si estrae dalla niobite e viene principalmente impiegato nella produzione di leghe metalliche speciali ed in saldature ad elevata resistenza.
Caratteristiche: il niobio è un metallo duttile grigio lucente che assume una sfumatura bluastra quando rimane esposto all'aria a temperatura ambiente per tempi prolungati. La proprietà chimiche del niobio sono sostanzialmente simili a quelle del tantalio, che appartiene al suo stesso gruppo della tavola periodica degli elementi, questa somiglianza nella reattività di Nb e Ta è dovuta al fatto che le loro dimensioni sono per lo più identiche, cosa strana che è possibile spiegare con la contrazione lantanidica.
Anche a temperature non elevate, viene lavorato in atmosfera inerte, dato che già a 200 °C tende a subire ossidazione.
I suoi stati di ossidazione più comuni sono +2, +3 e +5.
Tantalio
Il tantalio è l'elemento chimico di numero atomico 73. Il suo simbolo è Ta.
È un metallo di transizione duro e duttile, lucido, di colore blu-grigio, molto resistente alla corrosione, soprattutto all'attacco degli acidi, ed è un buon conduttore di calore ed elettricità. È piuttosto raro in natura e si trova nel minerale tantalite. Il tantalio si usa in strumenti chirurgici e negli impianti di protesi intracorporee, perché non reagisce con i fluidi del corpo.
Caratteristiche: come già detto, il tantalio è molto resistente alla corrosione: in pratica, per temperature al di sotto dei 150 °C, lo si può considerare del tutto immune agli attacchi chimici, perfino a sostanze estremamente aggressive come l'acqua regia, e può essere intaccato soltanto dall'acido fluoridrico, da soluzioni acide contenenti lo ione fluoruro e da triossido di zolfo libero. Il tantalio ha un punto di fusione molto alto, superato soltanto dal tungsteno e dal renio (punto di fusione 3290 K, punto di ebollizione 5731 K). Il tantalio ha la più alta capacità elettrica specifica di qualunque altra sostanza.
Dubnio
Il dubnio è l'elemento chimico della tavola periodica degli elementi, che ha come simbolo Db e come numero atomico 105.
È un elemento sintetico, altamente radioattivo, il cui isotopo più stabile ha una emivita inferiore ai 40 secondi. Questo elemento quindi, non ha applicazioni pratiche e le sue proprietà sono poco conosciute.
GLI ORBIATLI ATOMICI
Il numero e anche l'estensione degli orbitali atomici è ricavabile dalla soluzione dell'equazione di Schrodinger.
Per il principio di Pauli, ogni elettrone può cntenere al massimo elettroni . Gli orbitali vengono rempiti partendo da quelli ad energia minima e riempendo via via quelli d energia supeiore.
Se sono presenti degli orbitali degeneri gli orbitali si distribuiscono preferezialmente in modo da occuparne il maggior numero
Jacopinho antolini con la collaborazione di Francesco Fois
sabato 16 maggio 2009
Primo gruppo - Metalli alcalini
Il primo gruppo della tavola periodica si divide in due sottogruppi:
Il gruppo 1 A comprende elementi monovalenti con un solo elettrone esterno nell’orbitale di tipo s.
Fatta eccezione per l’idrogeno (dotato di caratteristiche particolari), gli elementi che lo compongono sono metalli alcalini.
- L’idrogeno (Simbolo H, Z=1) è l’elemento più leggero e abbondante dell’universo, incolore, inodore ed è altamente infiammabile;
- Il litio (Simbolo Li, Z=3) è un metallo soffice di colore argenteo, altamente ossidabile;
- Il sodio (Simbolo Na, Z=11) è, come il litio, un metallo soffice e argenteo, ma è molto reattivo e brucia facilmente;
- Il potassio (Simbolo K, Z=19) è un metallo soffice bianco-argenteo, dalle caratteristiche chimiche simili al sodio;
- Il rubidio (Simbolo Rb, Z=37) , di colore bianco-argenteo, è debolmente radioattivo e spontaneamente infiammabile all’aria;
- Il cesio (Simbolo Cs, Z=55) è un metallo alcalino di colore argenteo-dorato, tenero e duttile, ed è uno dei tre metalli che si possono trovare allo stato liquido a temperatura ambiente;
- Il francio (Simbolo Fr, Z=87) è il più pesante ed instabile dei metalli alcalini e si trova allo stato naturale nell’Uranio e nel Torio.
Il gruppo 1 B comprende invece rame, argento ed oro, i quali possono avere valenza superiore ad 1.
Vengono detti “metalli di transizione” poiché devono essere considerati come termini di passaggio dal gruppo 8 al successivo gruppo 1:
- Il rame (Simbolo Cu, Z=29), di colore rossastro, è dotato di elevata conducibilità termica ed elettrica, duttile, malleabile, ed è inoltre molto resistente alla corrosione;
- L’argento (Simbolo Ag, Z=47), di colore bianco e lucido, è il migliore conduttore termico ed elettrico tra i metalli, presente in natura in forma minerale e allo stato puro;
Quinto gruppo
L'azoto ed il fosforo sono non metalli, l'arsenico, con proprietà molto simili al fosforo, è un metalloide, l'antimonio ed il bismuto metalli. I numeri di ossidazione più comuni per questo gruppo sono ±3, ±5; eccezione è l'azoto, che presenta anche ±1, ±2, ±4.
L'AZOTO è l'elemento chimico di numero atomico 7. Il suo simbolo è N (dal latino Nitrogenum). L'azoto è costituente fondamentale delle molecole organiche più importanti dal punto di vista biochimico (DNA, proteine, vitamine), oltre che di composti inorganici estremamente diffusi e importanti come l'ammoniaca e l'acido nitrico. L'azoto molecolare (N2, composto di due atomi di azoto) è un gas incolore, inodore, insapore e inerte che costituisce il 78% dell'atmosfera terrestre (è il gas più diffuso nell'aria). L'azoto è il quinto elemento più abbondante nell'universo, il 19° sulla crosta terrestre, di cui costituisce lo 0,03% e il quarto nel corpo umano, di cui costituisce il 3%.
Il FOSFORO è l'elemento chimico avente numero atomico 15 e simbolo P.È un non-metallo del gruppo dell'azoto. Il fosforo non si trova in natura allo stato elementare, ma sotto forma di fosfato (sale dell'acido fosforico), è abbondante in alcune rocce e nelle cellule degli esseri viventi, del cui metabolismo è un componente essenziale. Il principale uso industriale del fosforo è nella produzione di fertilizzanti. È impiegato anche nella produzione di esplosivi, fiammiferi, fuochi artificiali, pesticidi, dentifrici e detergenti. Il fosforo si presenta come un solido ceroso bianco dal caratteristico sgradevole odore agliaceo; quando è molto puro è trasparente. È insolubile in acqua e solubile nei solventi organici, quali il carbonio disolfuro. Al contatto con l'aria brucia spontaneamente formando il pentossido di fosforo, P2O5.
L'ARSENICO è l'elemento chimico di numero atomico 33. Il suo simbolo è As. È un semimetallo che si presenta in tre forme allotropiche diverse: gialla, nera e grigia. L'arsenico puro non è velenoso, lo sono invece tutti i suoi composti che trovano impiego come pesticidi, erbicidi ed insetticidi.
L'ANTIMONIO è l'elemento chimico di numero atomico 51. Il suo simbolo è Sb, dal latino stibium che significa bastoncino. È un semimetallo che si presenta in quattro forme allotropiche diverse. La forma stabile ha un aspetto metallico bianco-azzurrognolo, le forme instabili hanno colore giallo o nero. Viene usato come agente antifiamma e per produrre vernici, smalti, ceramiche e gomme, nonché un'ampia gamma di leghe metalliche. In quanto semimetallo, l'antimonio ha l'aspetto di un metallo, ma non ne ha il comportamento tipico chimico e fisico. Nella sua forma elementare è un solido bianco-argenteo dai riflessi azzurrognoli che possiede scarse conducibilità termica ed elettrica e che sublima a temperature relativamente basse. Reagisce con gli acidi ossidanti e con gli alogeni. L'antimonio e le sue leghe si espandono per raffreddamento.
Il BISMUTO è l'elemento chimico di numero atomico 83. Il suo simbolo è Bi. È un metallo pesante e fragile, di aspetto bianco-roseo il cui comportamento chimico è simile a quello dell'arsenico e dell'antimonio. È il più diamagnetico dei metalli e, con l'eccezione del mercurio, quello con la minore conducibilità termica. È un metallo fragile dal colore bianco con sfumature rosa e iridescenti. È il più pesante dei cosiddetti "metalli pesanti" ed è l'unico tra essi a non essere tossico. È il metallo che possiede la resistività più elevata.
Per riscaldamento in aria può infiammarsi e bruciare con fiamma blu, producendo fumi gialli di ossido di bismuto.
Secondo gruppo - Metalli alcalino-terrosi
Del secondo gruppo, detto dei metalli alcalino-terrosi, fanno parte Berillio, Magnesio, Calcio, Stronzio e Bario. Questi elementi hanno 2 elettroni di valenza bivalenti in quanto si ottengono idruri come BeH2, MgH2, e ossidi come MgO, CaO,...Sono tutti metalli teneri, malleabili, molto leggeri e buoni conduttori di calore,
con reattività e proprietà molto diverse. Il berillio è molto duro, ha un punto di fusione relativamente alto, e dà luogo a composti altamente tossici. Anche il metallo, ridotto in polvere, risulta tossico. E’ inoltre il meno reattivo del gruppo. Il magnesio è conosciuto da tutti, ed è il metallo industriale più leggero. Il calcio, come tutti sanno, è un componente delle ossa ed è presente nel gesso, oltre che in una miriade di altri composti. Allo stato elementare è molto reattivo, così viene conservato sotto olio di vaselina. Lo stronzio e il bario sono più pesanti dei precedenti, sono inoltre più reattivi e meno conosciuti. Reagiscono prontamente con l’acqua sviluppando idrogeno.
Altro materiale sulla reattività degli elementi del secondo gruppo : http://www.tavolaperiodica.it/reattivita_metalli_alcalino_terrosi.html
venerdì 15 maggio 2009
Sesto gruppo
- a temperatura ambiente sono tutti solidi, eccetto l'ossigeno che è gassoso;
- i loro atomi hanno sei elettroni esterni, due su un orbitale di tipo s, e quattro su orbitali di tipo p;
- presentano tutti lo stato di ossidazione -2 quando si legano a elementi meno elettronegativi. Quando si legano a elementi più elettronegativi presentano gli stati di ossidazione +4 e +6, eccetto l'ossigeno: questo essendo il secondo elemento per elttronegatività dopo il fluoro, ha stato di ossidazione positivo soltanto quando si lega al fluoro (e in questo caso può assumere gli stati +1 o +2);
- hanno due coppie di elettroni appaiati, e quindi possono formare due legami dativi con il ruolo di donatori; fa eccezione l'ossigeno, che, data la sua elevata elettronegatività, non si comporta da donatore, ma da accettore, e come accettore può formare un solo legame dativo;
- con l'idrogeno formano composti in cui sono presenti un atomo dell'elemento e due di idrogeno.
Gli elementi del VI gruppo A, anche chiamti del gruppo 16, prendono il nome di calcogeni; il nome è generalmente fatto derivare dalle parole greche chalcos "minerale" e -gen "formazione"; quindi, generatore di minerali. I loro composti, in particolare i solfuri, i selenuri e i tellururi sono detti anche Calcogenuri.
L'ossigeno è stato scoperto nel 1774 da Joseph Priestley, lo zolfo era conosciuto dall'antichità, il selenio è stato scoperto nel 1818 da Jons Jacob Berzelius, il tellurio nel 1783 da Mueller von Reichestein, e il polonio nel 1898 da Pierre e Marie Curie.
giovedì 14 maggio 2009
Settimo gruppo
manganese (25)
tecnezio (43)
renio (75)
bohrio (107)
questi elementi vengono classificati nel gruppo 7 perché hanno tutti 7 elettroni nel guscio degli orbitali esterni.
Il manganese è un metallo, è l'elemento chimico nella tavola periodica che ha simbolo Mn e numero atomico 25.
Il tecnezio è l'elemento chimico di numero atomico 43. Il suo simbolo è Tc.
Il renio è l'elemento chimico di numero atomico 75. Il suo simbolo è Re.
Il bohrio è l'elemento chimico della tavola periodica degli elementi, che ha come simbolo Bh e come numero atomico il 107.
A temperatura ambiente questi elementi sono tutti solidi; il colore rosso per il numero atomico di alcuni indica che quell'elemento è sintetico e non si trova in natura.
Gli alogeni.
Gli alogeni formano un gruppo di elementi estremamente reattivi, questi tendono ad acquistare un elettrone per raggiungere una configurazione elettronica stabile. Il fluoro è un gas incolore estremamente reattivo che riesce ad attaccare perfino il vetro. Il cloro invece è un gas giallo-verdognolo dall’odore caratteristico delle piscine. Il bromo è un liquido rosso volatile dall’odore irritante. Lo iodio è un solido viola scuro che sublima facilmente lasciando delle macchie marroni nel punto in cui viene appoggiato. Questi elementi sono forti ossidanti, sono corrosivi e in alcuni casi reagiscono al semplice contatto con un riducente.
Proprietà periodiche degli elementi della tavola periodica
Periodicità In chimica, legge che afferma che le proprietà chimiche e fisiche degli elementi ricorrono in modo sistematico per numeri atomici crescenti. Nella tavola periodica gli elementi sono distribuiti in base alla configurazione elettronica esterna. In particolare leggendo la tavola in verticale (per gruppi), si incontrano elementi che hanno lo stesso numero di elettroni nell'orbitale esterno, e che per questo motivo hanno caratteristiche chimiche e fisiche simili. Muovendosi invece in direzione orizzontale, ossia leggendo la tavola per periodi, si incontrano atomi in cui gli elettroni presenti nell'orbitale più esterno aumentano, con continuità, da 1 a 8. Quando un periodo è stato completato, ne viene iniziato uno nuovo, cosicché le configurazioni elettroniche esterne, e con esse le proprietà chimiche degli elementi, variano periodicamente ripetendosi riga per riga (cioè periodo per periodo). Elementi adiacenti all'interno di un periodo hanno dunque una struttura elettronica che varia con regolarità lungo ad esso e quindi sono caratterizzati da una parallela variazione di proprietà. Le proprietà periodiche più importanti sono: raggio atomico, ionizzazione, affinità elettronica ed elettronegatività. Più precisamente, il raggio atomico aumenta procedendo nella tavola periodica dall’alto verso il basso, cioè nei singoli gruppi e diminuisce procedendo da sinistra verso destra, cioè nei singoli periodi. L’energia di prima ionizzazione, l’affinità elettronica e l’elettronegatività aumentano procedendo da sinistra verso destra nella tavola periodica, ma diminuiscono dall’alto verso il basso.
CHIMICA??
Si sperimenta su ratti, conigli e cani per verificare se una sostanza:
- è tossica per l’essere umano
- è nociva per gli occhi umani
- è irritante per la pelle umana
- provoca tumori o malformazioni nell’uomo
- interferisce con il sistema endocrino umano (ghiandole, fegato, pancreas, ecc)
Ma le differenze significative in termini anatomici, fisiologici, biochimici e metabolici tra gli organismi delle specie su cui si sperimenta e l’organismo umano, sono tali da non rendere attendibile e veritiera l’applicazione sull’uomo dei risultati ottenuti sugli animali.
Ecco qualche esempio tra i più eclatanti.
IRRITAZIONE OCULARE
Procedura: l’animale abitualmente utilizzato, e previsto nel REACH, per i test di irritazione oculare è il coniglio albino. Nella maggior parte dei casi non si prevede l’anestesia. Con questo esperimento si cerca di individuare l’irritazione causata da una sostanza che viene a contatto con gli occhi. Si introduce in uno degli occhi (l’altro serve da controllo) un quantitativo predefinito della sostanza da testare, e si studiano le reazioni possibili: arrossamento, rossore, gonfiore delle palpebre, ulcerazione, lacrimazione.
Critica: le reazioni oculari ad una sostanza chimica sono strettamente collegate alla conformazione anatomica dell’occhio e allo stato immunitario, fisiologico e genetico dell’animale. E inoltre:
• l’occhio umano è strutturato in modo molto diverso rispetto a quello del coniglio albino.
• la nostra cornea è più spessa e ricopre una percentuale di superficie oculare inferiore.
• una membrana oculare (la m. di Bowman) nell’uomo è sei volte più spessa.
• la nostra lacrimazione è in grado di espellere sostanze nocive mentre quella dei conigli è molto scarsa e la sostanza rimane per più tempo all’interno dell’occhio
• le palpebre, che giocano un ruolo importante nella rimozione delle sostanze, sono decisamente diverse.
Il grado di irritazione viene inoltre valutato in maniera del tutto soggettiva dall’operatore che esegue il test, pertanto il responso dipenderà dalla sua esperienza e sensibilità e non da elementi oggettivi.
Metodi alternativi: è possibile adottare in alternativa una strategia integrata di studio basata su metodi matematici, statistici e chimici, per esempio attraverso la semplice misurazione del pH della sostanza. Oppure avvalersi di altri test biochimici, come la misurazione delle proteine rilasciate dal liquido lacrimale in seguito all’esposizione alla sostanza.
TOSSICITA’ RIPETUTA
Procedura: il test di tossicità a dosi ripetuta previsto dal REACH implica l’impiego per ogni sostanza di 60 ratti ed eventualmente di 32 cani. L’esperimento mira ad individuare gli effetti tossici sull’organismo umano in seguito alla somministrazione ripetuta di dosi di una sostanza chimica. La sostanza analizzata viene introdotta ripetutamente nell’animale - di solito tramite alimentazione forzata - per un periodo 28 ai 90 giorni.Durante
l’esperimento si possono osservare:
• alterazioni della pressione
• anemia
• aggressività
• debolezza muscolare
• tremori
• coma
• e a volte la morte
Al termine del periodo di test si uccidono gli animali rimasti vivi e si passa all’analisi dei loro tessuti e organi interni.
Critica: il modo in cui un organismo reagisce alle sostanze chimiche dipende dal suo metabolismo. Tra l’uomo e il topo (o il cane) su cui vengono di norma compiuti questi esperimenti ci sono notevoli differenze di metabolismo:
• la velocità con cui vengono metabolizzate le sostanze varia in base alle dimensioni e al peso
• gli enzimi coinvolti nei processi di reazione variano da specie a specie
Queste differenze comportano che una stessa sostanza può essere espulsa in alcuni animali ed accumulata in altri, provocando così effetti completamente diversi.
Metodi alternativi: è possibile ricorrere a una strategia integrata di metodi matematici e statistici e test in vitro. I primi consentono di studiare approfonditamente le caratteristiche chimiche e fisiche della molecola e di fornire una predizione dei possibili effetti. I risultati ottenuti potranno poi essere confermati attraverso studi in vitro.
CANCEROGENESI
Procedura: il test di cancerogenesi è previsto dal REACH con l’impiego di almeno 400 ratti per ogni sostanza da testare. Subito dopo l o svezzamento si somministra ai giovani ratti la sostanza chimica e poi si valuta l’esito dell’esposizione mediante analisi del sangue, dei tessuti e degli organi. Il test dura 5 anni. Tutti gli animali coinvolti muoiono a causa delle patologie indotte durante la sperimentazione oppure vengono uccisi per effettuare le analisi.
Critica: tra l’organismo umano e quello degli animali comunemente impiegati nei test di cancerogenesi, sussistono una serie di differenze che non consentono di considerare validi per l’uomo i risultati ottenuti. Per esempio:
• la velocità con cui una sostanza viene metabolizzata è di solito inversamente proporzionale alla taglia dell’animale (in topi e ratti quindi questo processo è molto più rapido che nell’uomo).
• in topi e ratti la B la crescita cellulare è molto rapida (hanno unamaggiore predisposizione all’insorgenza e allo sviluppo di tumori).
• gli organismi di ratti, topi, cani, gatti e criceti sono in grado di auto-produrre la Vitamina C, uno dei più importanti antiossidanti e protettori nei confronti del cancro, mentre l’uomo ha la necessità di assumerla con il cibo.
Metodi alternativi: per i test di cancerogenesi, già dagli anni ’70 si impiegano metodi in vitro che ricorrono a batteri. Si tratta di test dimostratisi determinanti nella lotta contro il cancro. Per esempio, grazie ai metodi in vitro:
• si è scoperto il meccanismo che trasforma le cellule sane in cellule cancerose
• si sono individuate le caratteristiche delle cellule tumorali che ne determinano la proliferazione, e quindi la crescita del tumore.
Niente è veramente cruelty free perchè tutte le sostanze sono state sperimentate su animali in anni passati come ancora oggi, quello che possiamo fare pero' è non comprare prodotti con ingredienti di nuova generazione e quindi obbligatoriamente da testare per non incrementare la vivisezione.
Ecco qui i siti utili per informazioni e la lista no cruelty delle marche di prodotti personali non testati su animali :)
http://www.lav.it/
http://www.lavocedeiconigli.it/lista_%20nocruelty.htm
Ottavo gruppo - Gas nobili e loro composti
I clatrati sono composti di gas nobili i quali sono intrappolati nelle cavità dei cristalli di alcune sostanze organiche e non. Per fa si che si creino l'atomo che li ospita dovrà essere abbastanza grande per fissarsi nelle cavità dei cristalli.
I clatrati vengono usati per separare l'elio e il neon da argon, krypton e xeno. I composti che contengono nuclidi instabili dei gas nobili mantengono chiaramente le loro proprietà di decadimento: il clatrato di 85Kr, ad esempio emette particelle beta, mentre il clatrato di 133Xe emette raggi gamma.
Particelle beta: La radiazione beta è una forma di radiazione ionizzante emessa da alcuni tipi di nuclei radioattivi come il cobalto-60;
Raggi gamma: sono una forma di radiazione elettromagnetica prodotta dalla radioattività o da altri processi nucleari o subatomici. I raggi gamma sono più penetranti sia della radiazione alfa sia della radiazione beta, ma sono meno ionizzanti
Orbitali Atomici (Jacopo&Francesco)
Solitamente in chimica, per favorirne la visualizzazione, un orbitale atomico viene approssimato con quella regione di spazio attorno al nucleo atomico in cui la probabilità di trovare un elettrone è massima (massima densità di probabilità) ed è delimitata da una superficie sulla quale il modulo dell'ampiezza della funzione d'onda è costante (generalmente normalizzata a uno).
In altre parole, una regione di spazio attorno ad un nucleo atomico in cui la probabilità di trovarvi un elettrone è massima (di solito superiore ad un limite convenzionalmente fissato nel 90%) è usata per rappresentare graficamente un orbitale atomico di quell'elettrone.
Visivamente, tale orbitale può essere meglio rappresentato mediante una nuvola la cui intensità del colore è proporzionale alla densità di probabilità di trovare l'elettrone in quel punto e con forme tali dal comprendere il 90% della probabilità elettronica. Quest'ultima, in ogni punto dello spazio attorno al nucleo, è pari al quadrato del modulo della funzione d'onda dell'elettrone nel punto stesso.
Considerando il campo coulombiano di simmetria sferica, moltiplicando il quadrato della funzione d'onda ψ2 per il volume elementare dτ, uguale in questo caso a 4πr2dr, è possibile calcolare la probabilità che ha un elettrone di trovarsi in uno spazio sferico definito dallo spessore dr della sfera di raggio r. In particolare, usando la forma Pdr, risulta P = 4πr2ψ2 e questo valore di P viene definito funzione di distribuzione radiale.
Il numero e l'estensione degli orbitali atomici è deducibile dalla soluzione dell'equazione di Schrödinger per un elettrone confinato nella buca del potenziale elettrico generato dal nucleo ed è correlato ai numeri quantici che identificano il livello energetico in cui si trova l'elettrone stesso.
Il numero quantico principale n, che può assumere valori interi non inferiori a 1, definisce il livello dell'energia (autovalore dell'equazione di Schrödinger), l'estensione dell'orbitale ed il numero totale di nodi, considerando come nodo anche una superficie sferica a distanza infinita dal nucleo;
Il numero quantico azimutale (o numero quantico angolare) l, che può assumere valori interi positivi compresi tra 0 ed n-1, a cui è legato il numero di nodi non sferici e, indirettamente, la simmetria dell'orbitale;
Il numero quantico magnetico ml, che può assumere valori interi compresi tra +l e -l, a cui sono legati il tipo di nodo - planare o conico - la sua orientazione nello spazio e la molteplicità degli orbitali.
Numeri quantici e geometria degli orbitali corrispondenti
n = 1
→ l = 0
→ m = 0
un orbitale sferico s
n = 2
→ l = 0
→ m = 0
un orbitale sferico s con un nodo sferico a distanza finita dal nucleo
→ l = 1
→ m = -1→ m = 0 → m = +1
tre orbitali bilobati p;uno orientato lungo l'asse x con un nodo costituito dal piano yz,uno orientato lungo l'asse y con un nodo costituito dal piano xz,uno orientato lungo l'asse z con un nodo costituito dal piano xy.
a l = 2 corrispondono cinque (m = -2,-1, 0,+1,+2) orbitali d ed a l = 3 corrispondono sette (m = -3,-2,-1, 0,+1,+2,+3) orbitali f, dalla forma più complessa.
La figura mostra la forma di un orbitale s e di uno dei tre orbitali p. Al centro degli assi si trova il nucleo. L'asse z è perpendicolare al piano di lettura
In base al principio di esclusione di Pauli, ogni orbitale può contenere al massimo due elettroni, dato che essi sono fermioni. Gli orbitali vengono riempiti partendo da quelli ad energia minima (stato fondamentale) e riempiendo, via via, quelli ad energia superiore; se sono presenti degli orbitali degeneri (ovvero più autostati per un unico autovalore, come ad esempio i tre orbitali p) gli elettroni si distribuiscono preferenzialmente in modo da occuparne il maggior numero.
La disposizione degli elettroni negli orbitali atomici costituisce la configurazione elettronica di un atomo, dalla quale dipendono la reattività, la valenza e la geometria delle molecole che questi va a comporre.
Alcuni esempi:
idrogeno: 1 elettrone nell'orbitale 1s -> 1s1
con un elettrone spaiato, è in grado di formare un legame semplice con gli altri atomi
elio: 2 elettroni nell'orbitale 1s -> 1s2
non ha elettroni spaiati, non è in grado di formare legami con gli altri atomi
azoto: 2 elettroni nell'orbitale 1s, 2 nel 2s, 3 nel 2p -> 1s2 2s2 2p3
con tre elettroni spaiati - uno in ogni orbitale 2p - è in grado di formare tre legami (ammoniaca: NH3)
ossigeno: 2 elettroni nell'orbitale 1s, 2 nel 2s, 4 nel 2p -> 1s2 2s2 2p4
con due elettroni spaiati - un orbitale 2p ne alloca due, gli altri due uno ciascuno - è in grado di formare due legami (acqua: H2O).
Il modello, però, costruito così semplicemente, non è perfettamente compatibile con i dati sperimentali. Se, ad esempio, l'azoto lega tre atomi a sé tramite i suoi orbitali p, allora l'ammoniaca dovrebbe avere i suoi legami a 90° di distanza l'uno dall'altro. Sappiamo, dai dati sperimentali, che non è così; l'angolo formato da due legami N-H è di circa 107°.
Il carbonio ha la seguente struttura: 1s2 2s2 2p2 - due elettroni spaiati negli orbitali p; però l'unico composto del carbonio in cui questi scambia due legami è l'ossido di carbonio, C=O: in tutti gli altri suoi composti il carbonio forma con gli atomi vicini quattro legami.
Orbitali atomici ibridi [modifica]
Gli orbitali atomici convenzionali vengono ottenuti risolvendo l'equazione di Schrödinger per sistemi idrogenoidi (ovvero un nucleo carico positivamente attorno al quale orbita un unico elettrone). Questi formano una base completa per descrivere tutti gli stati del sistema. Tuttavia, quando ci sono due o più elettroni che interagiscono fra di loro, questi orbitali non sono più autostati del sistema. Invece che definire un nuovo insieme di orbitali, per ogni possibile numero di elettroni attorno al nucleo, si preferisce, solitamente, descrivere tutti i sistemi come combinazione lineare degli orbitali, ottenuti per atomi idrogenoidi. In chimica queste combinazioni vengono solitamente chiamate orbitali ibridi.
s + p →
due orbitali ibridi sp allineati lungo l'asse dell'orbitale p originario che puntano in direzioni opposte, quindi con un angolo di 180° fra loro
s + 2 p →
tre orbitali ibridi sp2 che giacciono sul piano formato dai due orbitali p di partenza e puntano ai tre vertici di un triangolo equilatero, quindi con un angolo di 120° fra loro
s + 3 p →
quattro orbitali ibridi sp3 che puntano ai quattro vertici di un tetraedro, quindi con un angolo di 109,5° fra loro
Forma degli orbitali sp2 del carbonio.
Forma degli orbitali sp3 del carbonio.
L'ibridazione porta ad avere un gruppo di orbitali degeneri in cui gli elettroni andranno a distribuirsi occupandone il più possibile; prendiamo l'esempio del carbonio, la cui configurazione elettronica stabile è:
1s2 2s2 2p2
E diventa, in ibridazione sp3:
1s2 2(sp3)4
In questa configurazione ibrida, il carbonio presenta quattro elettroni spaiati, ognuno in un orbitale sp3, configurazione che spiega i quattro legami formati dal carbonio nei suoi composti e la geometria tetraedrica delle molecole in cui compare (vedi alcani).
Invece, in ibridazione sp2, solo due orbitali p vengono ibridati (vedi alcheni):
1s2 2(sp2)3 2p1
Analogamente, in ibridazione sp, solo un orbitale p viene ibridato (vedi alchini):
1s2 2(sp)2 2p2
Similmente all'ibridazione sp3 del carbonio, la configurazione elettronica dell'azoto cambia in questo modo:
1s2 2s2 2p3 → 1s2 2(sp3)5
Allocare cinque elettroni in quattro orbitali sp3 significa avere un orbitale completo di due elettroni e tre orbitali contenenti un elettrone spaiato. Questo spiega non solo i tre legami che l'azoto forma nei suoi composti, ma anche l'angolo di 107° tra due legami - l'orbitale che ospita i due elettroni tende a comprimere gli altri tre, distorcendo la regolare geometria del tetraedro.
I due elettroni allocati nell'orbitale non coinvolto nel legame possono essere però impiegati per formare un legame dativo, tale comportamento è alla base del comportamento basico dell'ammoniaca e delle ammine.
Ultimo esempio è l'ossigeno, la cui configurazione elettronica cambia in questo modo:
1s2 2s2 2p4 → 1s2 2(sp3)6
Allocare sei elettroni in quattro orbitali sp3 significa avere due orbitali completi di due elettroni ciascuno e due orbitali contenenti un elettrone spaiato. Questo spiega i due legami che l'ossigeno forma nei suoi composti ed anche l'angolo di 105° tra i due legami, tipico della molecola d'acqua - i due orbitali completi non impegnati nei legami tendono a comprimere gli altri due, distorcendo la regolare geometria del tetraedro in misura ancora maggiore a quanto visto nell'esempio precedente.
L'ibridazione è un processo che richiede energia, dato che gli orbitali p si trovano ad un livello energetico leggermente superiore a quello dei corrispondenti orbitali s, tuttavia questa energia è ampiamente compensata dalla maggiore stabilità dei legami che l'atomo ibridato è in grado di formare.
Le ibridazioni tra orbitali s e p non sono le uniche esistenti. Gli elementi di transizione possono formare ibridi più complessi (es. d2sp3), tipici dei composti di coordinazione.
Orbitali molecolari [modifica]
Un orbitale molecolare è un orbitale esteso a due o più atomi uniti da un legame covalente. Si può visualizzarlo come il prodotto della fusione per sovrapposizione di due orbitali atomici.
Quando la sovrapposizione avviene lungo la congiungente i due nuclei, l'orbitale molecolare prende il nome di σ (sigma); quando la sovrapposizione avviene perpendicolarmente all'asse che unisce i due nuclei, ovvero sopra e sotto i medesimi, l'orbitale molecolare prende il nome di π (pi greco).
Rappresentazione grafica dell'orbitale molecolare σ del legame C-C dell'etano, per sovrapposizione di orbitali sp3. Le proporzioni sono state alterate per evidenziarlo. I lobi minori dei due orbitali ibridi sono stati omessiRappresentazione grafica dell'orbitale molecolare π del legame C=C dell'etene, per sovrapposizione degli orbitali p non coinvolti nell'ibridazione sp2. Le proporzioni sono state alterate per evidenziarlo. Il legame C-C rappresentato da una retta è un legame σ analogo al precedente.
Una funzione d'onda che vada a descrivere il moto di un elettrone attorno a più nuclei in presenza di altri elettroni risulta estremamente complessa, una possibilità di trattare gli orbitali molecolari è l'approssimarli facendo ricorso ad una combinazione lineare degli orbitali atomici da cui essi derivano per sovrapposizione (metodo LCAO, da linear combination of atomic orbitals).
Secondo il metodo LCAO, la sovrapposizione di due orbitali atomici produce due orbitali molecolari, uno a bassa energia, detto legante, che corrisponde alla somma delle funzioni d'onda dei due orbitali; uno ad alta energia, detto antilegante, che corrisponde alla sottrazione delle funzioni d'onda dei due orbitali. Gli orbitali non leganti invece non risultano il frutto di alcuna sovrapposizione (i non leganti puri), sono ininfluenti riguardo alla stabilità energetica della struttura molecolare ma influiscono sulla reattività chimica.La sovrapposizione di n orbitali atomici in legami delocalizzati, come nel caso dei composti aromatici o dei dieni coniugati, produce altrettanti n orbitali molecolari a energie diverse.
Applichiamo a titolo di esempio il metodo LCAO per ottenere gli orbitali molecolari di una struttura relativamente semplice, quale quella del fluoruro di idrogeno (simbolo chimico HF). Innanzi tutto occorre avere presente le configurazioni elettroniche degli atomi che compongono la molecola:
per l'idrogeno (H): 1s1
per il fluoro (F): 1s2 2s2 2p2x 2p2y 2p1z
Adesso analizziamo le combinazioni lineari possibili, ovvero le combinazioni di due diversi orbitali aventi energia comparabile e medesima orientazione spaziale (da notare come risulti utile esprimere le simmetrie lungo i tre assi cartesiani indicandole a pedice degli orbitali orientabili): risulta sovrapponibile solamente l'orbitale 1s dell'idrogeno con gli orbitali 2s e 2px (con x asse internucleare di legame) del fluoro. Ciò significa determinare, tramite l'equazione di Schrödinger, i valori fisicamente accettabili della seguente funzione d'onda:
ψ = c1φ1s(H) + c2φ2s(F) + c3φ2px(F)
valori che identificano tre orbitali molecolari di tipo σ. Inoltre, gli orbitali 2py e 2pz del fluoro restano inalterati in quanto manifestano simmetria π e non esistono orbitali dell'idrogeno che possano combinarsi con questi; essi origineranno un orbitale molecolare non legante π. In definitiva otto elettroni totali (1 di H + 7 di F) assumono per la molecola HF la configurazione 1σ2 2σ2 1π4, con 1σ orbitale molecolare legante, 2σ orbitale essenzialmente non legante e l'orbitale 1π non legante puro. Esiste anche un orbitale molecolare 3σ vuoto e di tipo antilegante.Dividendo per due il risultato della differenza tra gli elettroni contenuti negli orbitali leganti e quelli contenuti negli antileganti, si ottiene l'ordine di legame che in questo caso vale uno.
Gli orbitali (Jacopo&Francesco)
Questa nomenclatura è stata introdotta dopo il modello atomico proposto da Niels Bohr e l'esperimento di Rutherford.
L'emissione di una radiazione durante la rotazione degli elettroni intorno al nucleo portava alla conseguenza teorica per la quale l'elettrone avrebbe dovuto perdere gradualmente energia fino a collassare sul nucleo con un movimento a spirale, cosa che in realtà non aveva luogo. Inizialmente si postulò l'esistenza di un'infinità discreta, di un numero finito di orbite possibile, senza che vi fosse un modello fisico, in grado di giustificare questo assunto. Bohr fornì una spiegazione in base al dualismo onda-particella: due onde in fase si sommano, mentre due onde in opposizione di fase si annullano.
I movimenti di elettroni lungo orbite fuori fase, cresta d'onda contro ventre, sarebbero distrutti dal fenomeno dell'interferenza. Per cui, possono avere luogo solo movimenti a lunghezza d'onda in fase, che definiscono gli orbitali, e, per essere in fase, sono multipli interi di un valore base, la costante di Planck.
In chimica si distingue, in generale, tra orbitale atomico ed orbitale molecolare ma in fisica il concetto di orbitale viene usato per descrivere un qualsiasi insieme di autostati di un sistema.
JACOPO & FRANCESCO
Quarto gruppo - (con descrizione dell'Afnio)
Gli elementi del 4°gruppo sono:
titanio (22)
zirconio (40)
afnio (72)
rutherfordio (104)
Hanno tutti 4 elettroni nel guscio degli orbitali esterni.
Il carburo di afnio è il composto binario (cioè composti formati da due atomi legati tra loro da un legame ionico) più refrattario che si conosca (fonde a 4150 °C); il nitruro di afnio è il più refrattario fra tutti i nitruri metallici (con un punto di fusione di 3310 °C). L'afnio è resistente agli alcali concentrati. Ad alta temperatura l'afnio reagisce con ossigeno, azoto, carbonio, boro, zolfo e silicio.
L'isomero nucleare (è uno stato metastabile prodotto dall'eccitazione di un protone o neutrone nel nucleo atomico, tale da rendere necessario un cambiamento nel suo spin affinché possa scaricare l'energia in suo possesso e decadere in uno stato non eccitato) Hf-178-2m è usato come sorgente di raggi gamma che potrà essere usato come sorgente di energia nei laser a raggi gamma.
Terzo gruppo
scandio (21)
ittrio (39)
lantanio (56) - lutezio (71)
attinio (89) - laurenzio (103)
Questi elementi sono classificati nel gruppo 3 perché hanno tutti 3 elettroni nel guscio degli orbitali esterni. Lo scandio, l'ittrio e tutti i lantanidi (meno il promezio) sono reperibili in natura, sebbene alcuni solamente in tracce nella crosta terrestre, e sono chiamati collettivamente terre rare. Il Promezio (61) e gli elementi dal nettunio (93) al laurenzio possono essere prodotti soltanto artificialmente e non sono reperibili in natura.
A temperatura ambiente questi elementi sono tutti solidi; il colore rosso per il numero atomico di alcuni indica che quell'elemento è sintetico e non si trova in natura.
Lo scandio è l'elemento chimico di numero atomico 21: il suo simbolo è Sc. È un elemento di transizione tenero, bianco argenteo, presente in alcuni rari minerali della Scandinavia ed a volte viene classificato insieme con l'ittrio e il lantanio come una terra rara.Lo scandio è un elemento molto raro, un metallo trivalente molto leggero; il suo colore, se esposto all'aria, vira leggermente verso il giallo o il rosa. Le sue proprietà chimiche sono più simili all'Ittrio e alle terre rare piuttosto che all'alluminio o al titanio, suoi vicini nella tavola periodica. Lo stato di ossidazione più comune dello scandio è +3, e in forma metallica viene attaccato da una miscela 1:1 di HNO3 e HF.
L'ittrio è l'elemento chimico di numero atomico 39. Il suo simbolo è Y. È un metallo di transizione dall'aspetto argenteo, è comune nei minerali delle terre rare e due suoi composti sono usati per produrre i fosfori rossi dei televisori a colori.L'ittrio è un metallo dall'aspetto argenteo e lucente, relativamente stabile all'aria, possiede una reattività chimica simile a quella dei lantanidi. Gli sfridi e i trucioli di questo metallo bruciano all'aria quando la loro temperatura supera i 400 °C. In forma di polvere fine può incendiarsi spontaneamente. Il suo stato di ossidazione tipico è +3.
Il lantanio è l'elemento chimico di numero atomico 57. Il suo simbolo è La.Il lantanio è un elemento leggero, metallico, di colore bianco-argento, malleabile e duttile: è anche molto tenero, tanto che si può tagliare con un coltello. In reazione con l'acqua rilascia idrogeno gassoso. Ignifugo. Reagisce con gli ossidanti. Appartiene al gruppo 3 della tavola periodica e spesso viene considerato uno dei lantanidi. Si trova in alcuni minerali di terre rare, di solito in combinazione con il cerio e altri lantanidi. È uno dei più reattivi metalli delle terre rare: reagisce direttamente con carbonio, azoto, boro, selenio, silicio, fosforo, zolfo, e con gli alogeni. Si ossida rapidamente se esposto all'aria o all'acqua calda, mentre in acqua fredda il processo è molto rallentato.
Il lutezio è l'elemento chimico di numero atomico 71. Il suo simbolo è Lu.
È un elemento metallico del gruppo delle cosiddette terre rare; il lutezio compare solitamente associato all'ittrio e si usa a volte in leghe metalliche e come catalizzatore in vari processi chimici.
Il lutezio è un metallo trivalente bianco-argenteo resistente alla corrosione e relativamente stabile all'aria ed è il più pesante degli elementi delle terre rare.
Per via del suo elevato costo di preparazione in quantità consistenti, ha pochi usi commerciali. Trova principalmente impiego in catalizzatori per il cracking del petrolio e per reazioni di alchilazione, idrogenazione e polimerizzazione.
L'attinio è l'elemento chimico di numero atomico 89. Il suo simbolo è Ac.L'attinio è un metallo radioattivo di aspetto argenteo. Per via della sua intensa radioattività, al buio emette una spettrale luce azzurra.
Si trova in tracce nei minerali dell'uranio sotto forma di 227Ac, un isotopo che emette particelle alfa e beta con un'emivita di 21,773 anni. Una tonnellata di minerale d'uranio contiene mediamente un decimo di grammo di attinio.
Dal punto di vista chimico, possiede una reattività simile a quella del lantanio.Il laurenzio o lawrentio è l'elemento chimico della tavola periodica degli elementi, che ha come simbolo Lr (il simbolo Lw venne cambiato in Lr nel 1963) e come numero atomico il 103. È un elemento sintetico, radioattivo, a vita breve, transuranico, appartenente alle terre rare. Il laurenzio viene sintetizzato dal californio e non possiede applicazioni pratiche.L'aspetto del laurenzio è sconosciuto, ma è probabilmente di colore bianco-argenteo o grigio, e metallico. Si sa poco delle proprietà chimiche del laurenzio, ma un lavoro preliminare su pochi atomi ha indicato che ha comportamenti simili a quelli degli attinidi.
Il laurenzio è ancora spesso associato alla serie chimica degli attinidi nella tavola periodica. Comunque, contrariamente alle altre terre rare, l'elemento 103 è un elemento del blocco d, e si tende a posizionarlo in questa serie chimica.
Quarto gruppo
Titanio (22)
Zirconio (40)
Afnio (72)
Rutherfordio (104)
Questi elementi sono classificati nel gruppo 4 perché hanno tutti 4 elettroni nel guscio degli orbitali esterni. Il rutherfordio non è reperibile in natura, ma può essere soltanto prodotto artificialmente in laboratorio.
Metalli di transizione
A temperatura ambiente questi elementi sono tutti solidi; il colore rosso per il numero atomico di alcuni indica che quell'elemento è sintetico e non si trova in natura.
Titanio
Simbolo: Ti, numero atomico 22 e peso atomico 47,90. Il suo comportamento chimico mostra molte somiglianze a quello del silicio e dello zirconio, come elemento appartenente al primo gruppo di transizione. La sua chimica in soluzione acquosa, soprattutto nello stato di ossidazione più basso, ha alcune somiglianze a quella del bicromato di potassio e del vanadio. Il titanio è un metallo di transizione leggero, forte, brillante e resistente alla corrosione con un colore metallico bianco-argenteo. Il titanio puro non è solubile in acqua ma è solubile in acidi concentrati. Questo metallo forma un rivestimento di ossido passivo e protettivo (che determina la resistenza alla corrosione) quando esposto a temperature elevate in aria, ma a temperatura ambiente resiste all'appannaggio.
Zirconio
Lo zirconio è un metallo molto forte, malleabile, duttile, di colore argento-grigio brillante. Le relative proprietà chimche e fisiche sono simili a quelle del titanio, l'elemento sopra di esso nel gruppo IVb della tavola periodica. Lo zirconio è estremamente resistente a calore ed a corrosione. Esso è più leggero dell'acciaio e la sua durezza è simile a quella del rame. Quando è finemente diviso, il metallo può prendere fuoco spontaneamente in aria, soprattutto ad alte temperature. La polvere dello zirconio è nera ed è considerata pericolosa per il rischio di incendio. Lo zirconio non si dissolve in acidi ed alcali.
Afnio
L'afnio è un metallo brillante, argenteo, duttile, resiste alla corrosione grazie alla formazione di un film di ossido duro ed impenetrabile sulla sua superficie. Il metallo non e' attaccato da alcali e da acisi, ad eccezione dell'acido ipofruorico. L'afnio e' difficile da separare dal suo partner del gruppo 4, lo zirconio, perche' i due elementi hanno atomi delle stesse dimensioni.
Rutherfordio
Elemento metallico radioattivo creato artificialmente, di simbolo Rf, numero atomico 104. Il rutherfordio è un elemento transattinide, appartenente al gruppo IVb (4) della tavola periodica, insieme al titanio, allo zirconio e all'afnio. Fino a oggi se ne conosce un solo isotopo, il 259, instabile, che emette particelle alfa. Nel 1964 un gruppo di scienziati del centro di ricerca nucleare di Dubna, vicino a Mosca, sotto la direzione di G. N. Flerov, comunicò di aver ottenuto l'elemento 104 (battezzato kurciatovio) irradiando del plutonio con ioni di neon. Nel 1969 anche un'équipe statunitense, diretta da A. Ghiorso, realizzò questo stesso elemento bombardando del californio con atomi di carbonio, e lo chiamò rutherfordio. Si poneva a questo punto il problema della priorità della scoperta, reclamata da tutti e due i gruppi insieme al diritto di dare il nome al nuovo elemento. Nel 1997 l'Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC) assegnò all'elemento 104 il nome di rutherfordio in onore del chimico inglese Ernest Rutherford.
sabato 18 aprile 2009
Elementi del VI gruppo B della tavola periodica
Nel 1761 Johann Gottlob Lehmann trovò un minerale color rosso-arancio nei monti Urali, che battezzò piombo rosso siberiano: erroneamente identificato come un composto di piombo con parti di selenio e ferro, il minerale era in realtà un cromato di piombo (PbCrO4).Nel 1770 Peter Simon Pallas visitò lo stesso sito di Lehmann e rinvenne un altro "minerale di piombo" color rosso che poteva essere utilmente impiegato come pigmento per vernici. Questo uso del piombo rosso siberiano si sviluppò rapidamente; nello stesso periodo un colore giallo brillante ricavato dalla crocoite, un altro minerale di cromo, divenne molto di moda. Nel 1797 Nicolas-Louis Vauquelin ricevette dei campioni di crocoite da questi fu capace di ricavare ossido di cromo (CrO3) mescolando la crocoite con acido idroclorico, e un anno più tardi scoprì che poteva ottenere cromo metallico riscaldando l'ossido in un letto di carbone. Fu anche in grado di rilevare tracce di cromo in alcune gemme preziose, come rubini e smeraldi. Durante il XIX secolo il cromo fu usato principalmente per preparare vernici e pigmenti vari; oggi l'uso principale del cromo (85% del totale) è per leghe metalliche, con il resto diviso fra l'industria chimica, le fonderie e le fabbriche di laterizi. Il cromo è un metallo duro, lucido, color grigio acciaio; può essere facilmente lucidato, fonde con difficoltà ed è molto resistente alla corrosione. Gli stati di ossidazione più comuni del cromo sono +2, +3 e +6, di cui +3 è il più stabile; stati +4 e +5 sono relativamente rari. I composti del cromo +6 (cromo esavalente) sono potenti ossidanti. Il cromo trivalente è un oligonutriente essenziale, necessario per il corretto metabolismo degli zuccheri nel corpo umano: una carenza di cromo influenza la capacità dell'insulina di regolare il livello di glucosio nel sangue. Diversamente da altri oligominerali, non è stata trovata traccia di atomi di cromo in alcuna metalloproteina dotata di attività biologica: il ruolo del cromo nel metabolismo degli zuccheri resta dunque, per ora, un mistero. Il Cromo nella sua forma esavalente presenta una forte tossicità, responsabile di dermatiti, ulcerazioni della pelle e perforazione del setto nasale.
Il nome "tungsteno" deriva dallo svedese tung sten, "pietra pesante", benché nello svedese odierno il suo nome sia wolfram. La sua esistenza fu ipotizzata per la prima volta da Peter Woulfe nel 1779 che esaminando la wolframite dedusse che doveva contenere un nuovo elemento. Nel 1781 Carl Wilhelm Scheele verificò che dalla tungstenite si poteva produrre un nuovo acido, che chiamarono acido tungstico. Scheele e Torbern Bergman ipotizzarono quindi che dalla riduzione dell'acido tungstico si sarebbe potuto isolare un nuovo metallo. Nel 1783 gli spagnoli José e Fausto Elhuyar ottennero dalla wolframite un acido identico all'acido tungstico e più tardi nello stesso anno isolarono il tungsteno metallico riducendo l'acido tungstico con il carbone. A loro è quindi accreditata la scoperta dell'elemento.Durante la seconda guerra mondiale il tungsteno giocò un grande ruolo economico e politico. Il Portogallo, principale produttore europeo di wolframite subì pressioni da entrambi i fronti; date le sue proprietà meccaniche e la sua resistenza il tungsteno è un metallo ideale per la produzione di armi.Il tungsteno (o wolframio) è l'elemento chimico di numero atomico 74. Il suo simbolo è W.È un metallo di transizione duro, pesante di colore da bianco a grigio-acciaio, noto per le sue buone proprietà reologiche. Si trova in numerosi minerali, tra cui la wolframite e la scheelite.In forma pura trova ampio impiego in applicazioni elettriche ed i suoi composti sono ampiamente usati nell'industria. L'esempio più notevole del suo utilizzo è la produzione dei filamenti delle lampadine (e questo è dovuto al fatto che è il metallo con il più alto punto di fusione), ma le sue leghe sono usate anche nell'industria aerospaziale.Il tungsteno puro ha un colore che varia dal grigio acciaio al bianco, ed è molto duro. Si può tagliare con un seghetto per metalli quando è molto puro, mentre se è impuro è molto fragile e difficile da lavorare; il tungsteno viene lavorato tramite forgiatura, trazione o estrusione.
Il punto di fusione del tungsteno è il più alto di tutti gli elementi puri (3422 ºC): sue sono anche la più bassa pressione di vapore e la più alta resistenza alla trazione a temperature oltre i 1650 °C fra tutti i metalli.Ha una ottima resistenza alla corrosione, la maggior parte degli acidi minerali lo intacca solo debolmente. Sul tungsteno metallico si forma uno strato protettivo di ossido all'aria, ma questa protezione viene meno alle alte temperature, a cui l'ossidazione non viene fermata.Viene facilmente ossidato, sia puro che sotto forma di carburo dall'azione dell'acqua ossigenata.Quando viene aggiunto all'acciaio, il tungsteno ne aumenta notevolmente la durezza.
L'elemento prese il nome dal pianeta Urano, che fu scoperto otto anni prima dell'elemento.
L'uranio fu isolato come metallo nel 1841 da Eugene-Melchior Peligot ed è del 1850 il primo impiego industriale dell'uranio nel vetro, sviluppato dalla Lloyd & Summerfield di Birmingham, nel Regno Unito.
La radioattività dell'uranio fu osservata per la prima volta dal fisico francese Henri Becquerel nel 1896.
L'uranio è l'elemento chimico di numero atomico 92. Il suo simbolo è U. L' etimologia del termine deriva dalla parola greca ouranos ("cielo"). È un metallo bianco-argenteo, tossico e radioattivo; appartiene alla serie degli attinidi ed il suo isotopo 235U trova impiego come combustibile nei reattori nucleari e nella realizzazione di armi nucleari.
Tracce di uranio sono presenti ovunque: nelle rocce, nel suolo, nelle acque, persino negli organismi viventi
Puro, l'uranio si presenta come un metallo bianco-argenteo, debolmente radioattivo e di poco più tenero dell'acciaio. È malleabile, duttile e debolmente paramagnetico.
È un metallo molto denso (65% più denso del piombo). Diviso finemente, reagisce con l'acqua a temperatura ambiente; esposto all'aria si copre superficialmente di uno strato del proprio ossido.
L'uranio metallico si presenta in tre forme allotropiche
a - ortorombico, stabile fino a 667,7 °C
ß - tetragonale, stabile a temperature comprese tra 667,7 e 774,8 °C
? - cubico a corpo centrato, stabile a temperature comprese tra 774,8 °C ed il punto di fusione, è la forma più duttile e malleabile delle tre.
L'isotopo 235U è importante sia per i reattori che per le armi nucleari perché è l'unico isotopo fissile esistente in natura in quantità apprezzabili.
Anche 238U può trovare impiego nei reattori nucleari, dove viene convertito in 239U per assorbimento di neutroni (fertilizzazione), il quale decade in 239Pu, fissile. Anche l'isotopo 233U è fissile; viene prodotto per bombardamento con neutroni di 232Th.
L'uranio fu il primo elemento fissile scoperto in natura; questa proprietà lo rende la principale materia prima per la bomba atomica e la costruzione e l'alimentazione di reattori nucleari.
L'uranio si estrae da due minerali: la Uraninite (detta anche Pechblenda) e la Carnotite.
L'uranio è importante anche per la datazione radiometrica dei fossili: l'uranio 238 si trasforma in piombo 206 in 4.510.000.000 anni.
Oggi il neodimio viene ottenuto tramite un processo di scambio ionico dalle sabbie di monazite ((Ce,La,Th,Nd,Y)PO4), un minerale ricco di elementi appartenenti alla classe dei lantanidi, e per elettrolisi dei suoi sali alogenati.
Il neodimio è l'elemento chimico di numero atomico 60. Il suo simbolo è Nd ed è un metallo appartenente al gruppo delle "terre rare", o lantanidi, presente nella lega chiamata mischmetal fino al 18%.
È un metallo d'aspetto argenteo e lucente tuttavia, essendo uno dei lantanidi più reattivi, si ossida rapidamente all'aria coprendosi di una patina di ossido che desquamandosi espone all'azione ossidante dell'aria nuovi strati di metallo fresco.
Esso è utilizzato per la colorazione degli occhiali e degli schermi per saldatori.
Negli auricolari ergonomici in cui la presenza di magneti in neodimio offre una qualità sonora eccellente.
L'utilizzo come colorante per vetri consente di ottenere delicate tonalità che variano dal violetto al rosso-vino sino a tonalità calde di grigio. L'assorbimento di tali vetri presenta picchi di assorbimento particolarmente stretti. Questi vetri sono utilizzati per produrre filtri per osservazioni astronomiche, calibrando le bande di assorbimento. Il neodimio consente di compensare il colore verde dei vetri, impartito dal ferro come contaminante.
Come drogante viene utilizzato in alcuni materiali trasparenti impiegati nei laser all'infrarosso; fra questi, il granato all'ittrio ed alluminio, il fluoruro di ittrio e litio, il vanadato di ittrio e nei vetri al neodimio. Questi ultimi sono usati per costruire i laser a impulsi più potenti del mondo, in grado di fornire potenze dell'ordine del terawatt per ogni singolo impulso; gruppi di questi laser vengono usati negli esperimenti di fusione nucleare per ottenere il confinamento inerziale dell'idrogeno.
I sali di neodimio sono usati come coloranti per smalti.
Il neodimio è usato anche come agente di crescita per le piante: in Cina infatti è frequente l'utilizzo di composti delle terre rare come fertilizzanti.
Viene utilizzato per la produzione di altoparlanti particolarmente sensibili alle frequenze alte, ad esempio i tweeter al neodimio si caratterizzano per l'elevata brillantezza del suono.
Il seaborgio venne scoperto quasi in contemporanea da due laboratori differenti. Nel giugno 1974, un team sovietico guidato da G. N. Flerov all'Istituto di ricerca nucleare di Dubna annunciò la produzione di un isotopo con peso atomico pari a 259 e emivita di 7ms, mentre nel settembre 1974, un gruppo di ricerca statunitense guidato da Albert Ghiorso al Lawrence Radiation Laboratory dell'Università di Berkeley annunciò la creazione di un isotopo con peso atomico pari a 263 ed emivita di 0,9s.
Poiché il loro lavoro fu confermato indipendentemente per primo, gli americani suggerirono il nome seaborgio in onore del chimico americano Glenn T. Seaborg. Questa scelta fu estrememente controversa, poiché Seaborg era ancora vivo. Un comitato internazionale decise nel 1992 che i laboratori di Berkeley e Dubna avrebbero condiviso i crediti della scoperta.
Una controversia sul nome dell'elemento sorse e, come risultato, l'IUPAC adottò Unnilhexium (Unh) come nome temporaneo dell'elemento. Nel 1994 un comitato dell'IUPAC raccomandò che l'elemento 106 fosse chiamato rutherfordio e adottò una norma per la quale nessun elemento potesse essere dedicato a una personalità vivente. Questa regola venne duramente opposta dalla American Chemical Society. Nel 1997, in seguito a un compromesso che coinvolgeva gli elementi dal 104 al 108, il nome seaborgio per l'elemento 106 venne riconosciuto internazionalmente mentre rutherfordio fu adottato per l'elemento 104. Glenn T. Seaborg è morto nel 1999.
Il Seaborgio è un elemento chimico radioattivo prodotto artificialmente, il suo aspetto e' sconosciuto, ha probabilmente un colore grigio bianco o metallico argenteo. L'isotopo più stabile Sg 271 ha un tempo di dimezzamento di 2.4 minuti.
La poca ricerca che è stata effettuata sulla chimica del seaborgio suggerisce che il suo stato di ossidazione preferito e' VI e forma un ossi-anione SgO42- ed un composto SgO2Cl2, che è interamente in conformità con la sua posizione nel gruppo 6 della tavola periodica.
Il Saeborgio non ha alcuna applicazione nota e si hanno poche informazioni su di esso.
Il seaborgio non si trova libero nell'ambiente, dal momento che si tratta di un elemento sintetico.
Dal momento che e' estremamente instabile, qualsiasi quantità si decomporrebbe in altri elementi cosi' velocemente che non esiste ragione per studiarne gli effetti sulla salute umana.
A causa del suo tempo di dimezzamento estremamente breve, non esiste ragione per studiarne gli effetti sulle persone.
Il molibdeno fu dapprima poco usato e rimase confinato nei laboratori fino al tardo XIX secolo. Poi una compagnia francese, la Schneider and Co, provò ad usarlo come agente legante per l'acciaio delle piastre di corazzatura e scoprì le sue utili proprietà.
Il molibdeno è l'elemento chimico di numero atomico 42. Il suo simbolo è Mo ed è un metallo di transizione. In forma pura è di colore bianco argenteo. È un metallo molto duro e tra gli elementi è quello contraddistinto da uno dei più elevati punti di fusione. In piccola quantità ha un effetto indurente sull'acciaio.
Il molibdeno è importante nel nutrimento delle piante e nei sistemi biologici compare in alcuni enzimi, tra cui la xantina-ossidasi.
Oltre due terzi del molibdeno prodotto sono impiegati nelle leghe metalliche. L'uso del molibdeno è cresciuto notevolmente durante la seconda guerra mondiale, quando fu necessario trovare alternative al tungsteno per produrre acciaio di elevata durezza.
Ancora oggi il molibdeno è usato per produrre leghe ad alta durezza ed acciai resistenti alle alte temperature. Leghe speciali contenenti molibdeno, come per esempio le Hastelloy sono notoriamente molto resistenti al calore ed alla corrosione. Il molibdeno è usato nella produzione di parti di aerei e missili, nonché nei filamenti e nelle protesi dentarie. Il molibdeno trova uso anche come catalizzatore nell'industria petrolchimica, specialmente in catalizzatori usati per rimuovere lo zolfo dal petrolio e dai suoi derivati.
Inoltre viene addizionato a scioline per sci e si ottengono dei risultati ottimi.
L'isotopo 99Mo è impiegato nell'industria nucleare.I pigmenti a base di molibdeno hanno colori che variano tra il giallo intenso e l'arancione vivo e vengono usati nelle vernici, negli inchiostri e nei manufatti di plastica e di gomma. Il solfuro di molibdeno è un buon lubrificante, specialmente alle alte temperature. Il molibdeno è usato anche in applicazioni elettroniche.
Tracce di molibdeno, in ragione di poche parti per milione, sono reperibili nelle piante e negli animali: il molibdeno è un oligonutriente necessario a molte forme di vita. Suoli poveri di molibdeno possono essere del tutto sterili e non permettere la crescita delle piante, in cui il molibdeno è coinvolto nei processi di azotofissazione e di riduzione dei nitrati, mentre negli animali è necessario nella degradazione della purina e nella formazione dell'acido urico. In certi animali, integrare la dieta con piccole quantità di molibdeno aiuta la crescita. La polvere e i composti di molibdeno, come il triossido di molibdeno e i molibdati solubili in acqua, possono essere leggermente tossici se respirati o ingeriti. I manuali di laboratorio riportano che il molibdeno, comparato con gli altri metalli pesanti, ha tossicità relativamente bassa. Difficilmente si osservano casi di tossicità acuta da molibdeno negli esseri umani, perché la dose necessaria è eccezionalmente elevata. È più probabile una intossicazione cronica da molibdeno per esposizione in miniere, negli impianti di raffinazione o negli impianti chimici, ma ad oggi non sono mai stati riportati casi simili. Anche se, come detto, i composti solubili del molibdeno sono considerati leggermente tossici, quelli insolubili (come il disolfuro di molibdeno usato per lubrificare) sono considerati non tossici.
In ogni caso, catene ambientali di eventi legati al molibdeno possono provocare delle gravi conseguenze sulla salute. Nel 1996 in Svezia un aumento delle piogge acide vicino Uppsala provocò una moria delle piante di cui si cibavano le renne della campagna circostante; questo spinse le renne affamate ad avventurarsi nei campi coltivati ad avena per sfamarsi. Purtroppo gli agricoltori, per riparare il terreno dalle piogge acide, avevano sparso molto calcare sui campi, alterandone il contenuto di alcuni elementi in traccia, fra cui il cadmio. Così l'avena, cresciuta su campi ricchi di oligoelementi, aveva concentrato nei suoi semi grandi quantità di molibdeno: quando le renne se ne cibarono il rapporto rame/molibdeno del loro fegato venne gravemente alterato, causando negli animali magrezza, decolorazione del pelo, ulcere, diarrea, convulsioni, cecità, osteoporosi e malattie cardiache.Il regolamento OSHA specifica che la massima esposizione al molibdeno in una giornata lavorativa di 8 ore durante una settimana di 40 ore non deve essere maggiore di 15 milligrammi per metro cubo. Il NIOSH invece consiglia un limite di esposizione di 5000 mg per metro cubo.